
di PIERANTONIO LUTRELLI - Il 28 febbraio 1942, in un piccolo paese del Friuli, Mariano del Friuli in provincia di Gorizia, nacque un uomo che sarebbe diventato uno dei simboli indiscussi del calcio italiano: Dino Zoff. Ieri, Zoff ha compiuto 83 anni, e la sua figura continua a brillare nella memoria calcistica, non solo come portiere della Juventus, ma soprattutto come capitano e allenatore della Nazionale in cui ha lasciato un’impronta indelebile. Dino Zoff non è solo un nome, è una leggenda vivente, un autentico monumento dello sport italiano. Cresciuto in un'epoca in cui il calcio non conosceva le comodità moderne della preparazione atletica, Zoff ha dimostrato che con dedizione e lavoro duro si possono raggiungere vette straordinarie. Il suo debutto in Serie A avvenne nel 1961, e da lì iniziò un percorso che lo avrebbe visto collezionare oltre 550 presenze nel massimo campionato italiano e conquistare trofei nazionali e internazionali, tra cui la Coppa del Mondo del 1982. La sua carriera come portiere è un esempio di maestria tecnica e leadership. Zoff era noto per la sua calma infinita, la sua abilità nel coordinare la difesa e la sua presenza rassicurante tra i pali. Queste qualità hanno alimentato la sua reputazione di uno dei migliori portieri di tutti i tempi. Nonostante i suoi punti deboli, come la vulnerabilità ai tiri da fuori area, il suo senso di posizione e la prontezza di riflessi lo hanno reso una muraglia per gli attaccanti avversari. La leggendaria partita Italia-Brasile ai Mondiali del 1982 è un capitolo fondamentale della sua carriera, dove ha guidato la squadra verso una storica vittoria, bloccando i tentativi dei più temibili giocatori brasiliani. Al Brasile bastava anche il pareggio per andare in semifinale e l'Italia riuscì a vincere contro i pronostici della vigilia con una partita memorabile in cui Zoff fece la sua parte bloccando sulla linea un colpo di testa di Oscar. Ma non solo in quella gara fu memorabile. Il culmine della carriera di Zoff si è manifestato in quel trionfo mondiale, dove alzò il trofeo come capitano della Nazionale italiana. Quella vittoria ha rappresentato molto di più di un semplice trofeo; era un simbolo di unione per il popolo italiano, e Zoff divenne un simbolo di orgoglio nazionale. Le immagini di lui al fianco di Sandro Pertini e all'allenatore, Enzo Bearzot mentre festeggiavano insieme, restano impresse nella memoria collettiva, rappresentando un periodo di grande gioia e unità. Dopo aver chiuso le porte di un'illustre carriera da calciatore, terminata nel 1983 dopo la sconfitta ad Atene contro l'Amburgo nella finale di Coppa dei campioni, Dino Zoff ha intrapreso un cammino da allenatore, inizialmente con la Juventus e poi guidando la Nazionale italiana e contribuendo a preparare le future generazioni. Tuttavia, la sua avventura sulla panchina della Nazionale è stata segnata da una dose di sfortuna: nel 2000, la squadra era in vantaggio nella finale degli Europei, ma subì un drammatico pareggio negli istanti conclusivi si vide soffiare la coppa al golden goal dalla Francia. Nonostante il rammarico di quell'episodio, Zoff continuò a dare il suo contributo, allenando con grande competenza la Lazio e ponendo le basi per una squadra di successo in quelle che furono poi le stagioni dei successi di Sven Goran Eriksson. La carriera da tecnico terminò con la Fiorentina. Se vogliamo parlare di un rammarico posso dire che nella carriera di Zoff ci poteva stare l'incarico di dirigente accompagnatore della nazionale o della Federazione italiana gioco calcio che a mio avviso avrebbe meritato.