
di PIERANTONIO LUTRELLI - A quasi 74 anni, Claudio Ranieri ha deciso: a fine stagione dirà addio al calcio giocato, chiudendo un cerchio iniziato oltre cinquant’anni fa sui campi di periferia. Lo farà con lo stile che da sempre lo contraddistingue: quello di un uomo elegante, umile, concreto, capace di imprese straordinarie senza mai perdere la semplicità. E ancora una volta, come sempre nella sua carriera, lo fa per amore. Amore per la sua Roma, che da tifoso ha accettato di guidare in corsa, in una stagione complicata, trascinandola a un passo da un sogno europeo e regalandole vittorie pesanti come quella, epica, conquistata a San Siro contro l’Inter. Ranieri non si è mai stancato di compiere imprese. Dai trionfi internazionali al miracolo Leicester – forse il più romantico della storia recente del calcio – il tecnico romano ha saputo riscrivere il concetto stesso di “squadra”: sacrificio, compattezza, spirito di gruppo. In Premier League ha lasciato un segno indelebile, conquistando il titolo con le Foxes nel 2016, sfidando ogni pronostico e facendo innamorare milioni di tifosi in tutto il mondo. Ma la sua impronta è stata forte ovunque: in Spagna, in Francia, in Italia, con promozioni e rilanci di squadre date per finite. Eppure, Ranieri è rimasto sempre lo stesso. Un uomo capace di esultare senza arroganza, di parlare senza alzare i toni, di vincere senza infierire. “Dobbiamo uscire a testa alta”, diceva ai suoi ragazzi. E loro, ieri come oggi, lo hanno seguito. Alla Roma è entrato ancora una volta in punta di piedi, in una stagione complicata, portando con sé il rispetto di uno spogliatoio intero e il sostegno di una tifoseria che in lui vede l’ultimo romantico del calcio. A San Siro, Ranieri ha regalato una lezione di calcio e di cuore: ha battuto l’Inter capolista con coraggio e strategia, mettendo in campo una Roma compatta, determinata, capace di osare senza snaturarsi. “Vincere 1-0 è un’arte”, ha detto sorridendo. E in effetti, chi meglio di lui ha saputo rendere epica la concretezza? Il futuro? “Se mi manca la panchina, andrò al giardinetto”, ha detto con ironia dopo aver già consegnato il tesserino a Coverciano. Nessun ripensamento, nessun dramma. Solo gratitudine e dignità. E mentre il calcio cambia pelle, rincorrendo mode e social, Ranieri lascia con la testa alta e con il rispetto universale che solo i grandi sanno guadagnarsi. Il suo è un addio vero, sentito, come ogni passo della sua lunga carriera. Claudio Ranieri, l’ultimo signore del calcio, ci lascia in eredità qualcosa di raro: la certezza che si può vincere senza mai perdere l’anima.
Grazie, Mister.