Bezos a Venezia, proteste e dollari: l’Italia impari a farsi pagare per la bellezza che nessuno può comprare
di PIERANTONIO LUTRELLI - Jeff Bezos, uno degli uomini più ricchi del pianeta (fondatore e sviluppatore di Amazon) ha scelto Venezia per coronare il suo sogno d’amore con Lauren Sanchez. Una festa da ballo all’Arsenale, ospiti illustri, hotel di lusso, escursioni in laguna tra Murano e Torcello. Un evento privato che però è diventato notizia globale. Ma non solo per le immagini di gala: attorno alla sua presenza si sono mossi anche i cosiddetti comitati ‘no Bezos’, che hanno inscenato manifestazioni di protesta proprio mentre lo sposo viveva le sue giornate da fiaba. Chi lo ha incontrato in queste ore - riporta l'agenzia Adnkronos - racconta di un Bezos amareggiato, quasi incredulo di fronte al clamore: «Non capisco…», avrebbe ripetuto più volte a chi cercava di spiegargli le ragioni di quelle contestazioni. Da un lato, chi protesta teme l’idea che i super-ricchi pensino di poter comprare tutto; dall’altro però c’è una città, Venezia, che vive di turismo, di ospitalità, di eventi e di indotto. Una città che senza flussi di visitatori, di investimenti e di notorietà rischia di trasformarsi in un museo a cielo aperto, ma svuotato di vita vera. È giusto, da un punto di vista filosofico, interrogarsi sui grandi patrimoni e sul potere dell’élite globale. Ma è altrettanto giusto domandarsi cosa sarebbe Venezia — e l’Italia tutta — senza la capacità di attrarre chi nel mondo ha risorse da spendere. Se un personaggio come Bezos porta con sé staff, stampa internazionale, prenotazioni, artigiani, ristoratori, barcaioli, alberghi, fornitori, questo si traduce in un beneficio economico diretto per migliaia di famiglie e attività. In fondo, è la grande contraddizione italiana: siamo capaci di discutere su tutto, ma dimentichiamo che la nostra vera moneta è la bellezza. Ed è una moneta che non si stampa, non si esporta, non si replica altrove. È unica. Chiunque nel mondo accumuli fortune, prima o poi sente di doverle spendere per vivere un’esperienza che non si trova altrove. Da Venezia a Roma, da Firenze alla Costiera Amalfitana, dalla Puglia alla Sicilia, dalle Dolomiti alle isole minori: l’Italia resta il luogo in cui la ricchezza cerca l’autenticità. Non si compra la storia di un palazzo veneziano. Non si compra la luce di un tramonto su Murano o il profumo di un vicolo di Matera. E nemmeno la Pera Signora della Valle del Sinni, la melanzana rossa di Rotonda o la fragola regina del Metapontino: tutti tesori di una biodiversità che racconta una bellezza diffusa, dalla Basilicata all’intero Paese. Ecco perché polemizzare contro chi arriva con dollari freschi rischia di essere miope: chi vuole investire e vivere la nostra bellezza deve pagare il giusto, rispettare luoghi, persone e ambiente, ma va accolto, non respinto. Perché quello che Bezos ha fatto — portare la sua festa, la sua vetrina globale, la sua capacità di spesa — è ricordare a tutti noi quale miniera d’oro sia la nostra bellezza. Una miniera che non possiamo continuare a dare per scontata. Nel mio piccolo, lo vedo nella mia terra. La Basilicata non è solo Matera o Maratea, la Perla del Tirreno: è un intreccio di Parchi, colline, varietà agricole uniche, borghi in bilico tra passato e futuro. È una regione che può diventare un modello di turismo lento, esperienziale, sostenibile. Ma per farlo serve visione: strutture adeguate, accoglienza moderna, regole chiare, capacità di promozione. Se un giorno arriveranno qui altri Bezos, pronti a sposarsi sotto i cieli lucani, dovremo essere pronti: a garantire servizi di qualità, a farli pagare bene e a reinvestire questi soldi sul territorio. Il caso Bezos non è solo gossip: è la cartina di tornasole di un Paese che ancora non ha capito fino in fondo di sedere su una ricchezza irripetibile. Che protesta contro chi la compra, ma spesso dimentica di proteggerla davvero. Un sogno non si vive di rendita: va custodito, raccontato, promosso. E va fatto pagare a chi vuole viverlo. Questo è l’unico modo per trasformare la bellezza in futuro, lavoro, benessere. E per dire, da Venezia alla Basilicata: tutto si può comprare, ma non quello che siamo.